I green insistono: “ There is no Planet B”, ” Non c’è un Piano B”. Ma il nuovo più ricco del mondo non è d’accordo. E punta su Marte.
Raramente si incontra un personaggio che è allo stesso tempo un sognatore, uno sviluppatore di software, un esperto di razzi e un imprenditore; e che non solo prosegua da sempre un unico, titanico progetto, ma sia anche riuscito a trovare le risorse finanziarie per svilupparlo, per quanto i più lo considerino visionario o addirittura irrealizzabile.
Il sudafricano Elon Musk, classe 1971, è tutto questo. E anche di più.
Le radici del suo lungo percorso nascono dalla frequentazione dei corsi di economia e fisica di due università della Pennsylvania. Musk consegue in entrambe il baccellierato, trasferendosi quindi in California, all’età di 24 anni, per seguire un dottorerò in fisica applicata e scienza dei materiali, da cui però si ritira dopo soli due giorni.
In effetti, ha già cominciato a ideare il suo “ grande piano”, che gli farà da bussola per tutti i giorni a venire.
Come dichiarerà molte volte, si tratta di una conclusione semplice e cristallina: « È ovvio che sul lungo periodo i carburanti fossili finiranno e quindi, prima o poi, ci serviranno trasporti e infrastrutture che usino un tipo di energia sostenibile. Quindi, perché insistere in questo progetto pazzesco in cui estraiamo e bruciamo miliardi di tonnellate di combustibili fossili per trasformarli in anidride carbonica che poi finisce nell’atmosfera e negli oceani?»
Musk bolla questo atteggiamento come “ il più stupido degli esperimenti mai compiuti dalla razza umana”.
Il primo passo: fare soldi
I passaggi per giungere alla soluzione del problema sono parecchi, ma il punto di partenza è uno soltanto: servono un sacco di soldi.
Musk si è appassionato di informatica fin da bambino e a soli 12 anni ha sviluppato e venduto per 500 dollari un videogioco scritto in Basic.
Quando di anni ne aveva 24 fonda insieme al fratello la software house Zip2, che gestisce un servizio di guide cittadine online.
Il successo è tale da consentirgli di siglare contratti con prestigiose testate di quotidiani americani; a questo punto Musk vende le sue quote per 22 milioni di dollari e con quel denaro, nel 1999, apre un’altra azienda informatica, la X.com.
Stavolta l’obiettivo sono i servizi finanziari e il successo si rinnova: nel 2001 la software house si fonde con una società e muta il nome in PayPal, un colosso destinato a imperare fino oggi nel mondo dei pagamenti online.
L’anno seguente Musk vende anche questa sua creatura, incassando ben 165 milioni di dollari.
Il primo obiettivo è stato raggiunto: Musk è diventato ricco.
A questo punto della vita, però, comincia a dubitare che il mondo possa salvarsi dal cambiamento climatico.
Sospetta che ormai le cose siano andate troppo oltre perché il processo possa essere invertito in tempi sufficientemente brevi.
Diventa quindi indispensabile, a suo parere, ipotizzare un “ piano B” per la salvezza dell’umanità.
Tra i rischi concreti di estinzione Musk non contempla soltanto il riscaldamento globale: la civiltà potrebbe soccombere anche a causa di una catastrofe nucleare o per la collisione tra la Terra e un asteroide.
In ere remote, il nostro pianeta ha già subito cinque estinzioni di massa, con una frequenza media di una catastrofe ogni 95 milioni di anni circa, l’ultima delle quali 65 milioni di anni fa.
Oltre a questi eventi capitali si sono verificate anche parecchie “ piccole estinzioni”, una ogni 10 milioni di anni circa, come quella risalente a soli 2 milioni di anni fa.
Anche per questo Musk ritiene indispensabile portare la vita umana su un pianeta diverso, dotandolo di una colonia stabile, prima che si verifichi un altro di questi eventi catastrofici.
E non c’è luogo migliore di Marte
Nel 2001 Musk comincia a interessarsi ai viaggi spaziali e agli habitat extraterrestri. Prende contatto con la Nasa e con i russi (all’epoca gli unici costruttori di razzi vettori per andare nello spazio) e nel 2002 fonda la sua terza compagnia, la SpaceX.
L’obiettivo è più ambizioso che mai: sviluppare il trasporto interplanetario di massa basato su mezzi economici, in quanto completamente riutilizzabili.
Ma Musk non dimentica lo scopo originario, cioè quello di eliminare, o perlomeno diminuire, l’utilizzo dei combustibili fossili.
Per questo, nel 2003, finanzia la ripartenza della Tesla, un’azienda automobilistica fondata da tre ingegneri come risposta al ritiro dal mercato da parte di General Motors della EVI, la prima auto elettrica studiata per il grande pubblico.
Dal 2005 ne diventa anche l’amministratore delegato, ponendo come obiettivo finale quello di offrire auto elettriche a prezzi accessibili al consumatore medio per promuovere l’utilizzo di fonti rinnovabili e non inquinanti.
Solo un anno dopo dà vita a SolarCity, azienda specializzata in prodotti e servizi nell’ambito del fotovoltaico, che poi fonde con Tesla al fine di migliorare le sinergie di gruppo.
Il percorso di Musk, però, non è sempre agevole e il 2008 è senza dubbio il suo anno peggiore: la crisi economica mondiale impatta pesantemente sulle vendite della Tesla, il razzo Falcon I di SpaceX fallisce tre lanci di fila, e proprio in quei mesi Musk divorzia dalla prima moglie.
In diverse interviste racconterà che alla fine di quell’anno non aveva neppure i soldi per pagare l’affitto di casa, e che dovette ricoprire lui stesso l’incarico di ingegnere capo sia in SpaceX che in Tesla, dato che i capitali erano insufficienti per attrarre capitale qualificato.
Tutto converge su Marte
Se il Falcon I fallisse per la quarta volta, Musk dovrebbe chiudere almeno una delle aziende, se non entrambe.
Invece il lancio è un trionfo, così come i successivi, e conduce alla firma di una lucroso contratto con la Nasa.
Da lì in avanti, il futuro è più luminoso che mai: Musk torna a pensare in grande e a far convergere tutte le sue aziende verso la realizzazione del “ grande piano”.
La colonizzazione di Marte richiederà un sistema di locomozione potente e sicuro, ma il pianeta non dispone di ossigeno sufficiente a far funzionare i motori a scoppio.
Per questa ragione Tesla, con le sue auto elettriche, diventa parte integrante della strategia generale, insieme a Solar City, indirizzata verso la produzione di energia con il fotovoltaico.
E siccome il Pianeta Rosso non possiede un campo magnetico che protegga dalle radiazioni cosmiche come quello terrestre, sarà necessario sviluppare la città sotto la superficie.
Quale soluzione migliore, allora, di tunnel sotterranei per unire le comunità di Marte?
Ecco perché Musk fonda The Boring Company, un’azienda il cui scopo è migliorare e velocizzare le tecniche di costruzione delle gallerie, allo scopo di creare un network di strade sotterranee economiche e a scorrimento rapidissimo, grazie anche al sistema Hyperloop.
Prima, sulla Terra (ci sono cantieri aperti a Chicago, Las Vegas e per collegare Baltimora a Washington), poi chissà.
Il continuo sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI) induce Musk a occuparsi anche di questo settore.
Nel 2015 nasce OpenAi, una fondazione che ha per obiettivo la creazione di un’AI potente, ma che sia anche sicura e benefica per l’umanità.
L’anno seguente ecco Neuralink, azienda dedicata allo sviluppo di interfacce neurali che favoriscano una più rapida e “ intima” comunicazione tra uomo e intelligenza artificiale.
Elon Musk riuscirà a portare termine le sfide che gli si pareranno davanti?
Il suo curriculum dice di sì: è riuscito a far concorrenza al sistema bancario tramite PayPal e ai colossi automobilistici con Tesla; ha fatto decollare razzi spaziali di nuova concezione, ricavandone un lauto guadagno.
Da uno così c’è da aspettarsi di tutto, anche l’improbabile.
Se in futuro, quindi, la vita sulla Terra fosse prossima al collasso per via del cambiamento climatico, Musk vuole essere pronto ad accoglierci su Marte.
Tra i vari argomenti di discussione ci sarebbe anche la vita di una persona capace, grazie al suo “ piano B” di rendere possibile tutto questo.
Elon Musk ci crede, e finora ha avuto sempre ragione.